La Via del Buddha è dura
e difficile. Richiede molto sforzo, pazienza e lavoro duro. Come
si può sperare di raggiungere la Via con pochi meriti e
poca saggezza? Come si può tentare di raggiungere la Via
sentendosi arroganti e pensando che sia facile? Se si tenta di
fare questo, si tenta invano. (attribuito a Bodhidharma)
Daruma è la pronuncia
giapponese di Dharma, abbreviativo di Bodhidharma, il ventottesimo
patriarca del Buddismo Zen. Bodhidharma, vissuto tra il 470 ed
il 543 D.C., era uno kshatriya (principe della casta dei
guerrieri) indiano; il nome con cui lo conosciamo, composto dalle
parole sanscrite bodhi (verità) e dharma
(legge), rappresenta l'appellativo datogli dal suo maestro, il
saggio Panyata. L'episodio più noto della vita di Bodhidharma
(protagonista anche di un famoso koan zen) è la
sua partenza dall'India alla volta della Cina (viaggio che all'epoca
richiedeva alcuni anni), avvenuta attorno all'anno 525 D.C., per
insegnare il Buddismo all'Imperatore Wu. In effetti, i ritratti
cinesi di Bodhidharma ne evidenziano le fattezze tipicamente indiane
(barba, pelle scura), che gli valsero il soprannome de "il
demone dagli occhi blu".

All'appellativo di "demone" dato a Bodhidharma
deve aver contribuito tuttavia anche il suo carattere, di una
schiettezza e di una tenacia fuori dell'ordinario: in effetti,
il suo incontro con l'Imperatore si può riassumere nel
termine di incidente diplomatico. L'Imperatore, infatti,
da fervente buddista quale era, aveva fatto costruire molti templi,
che finanziava generosamente, e desiderava sapere da Bodhidharma,
che aveva fama di uomo saggio e illuminato, quale fosse l'atto
più meritorio, secondo l'etica Buddista, tra quelli da
lui compiuti. Al che Bodhidharma rispose: "Nessuno. Svuota
la tua mente."
Dopo questo incontro, Bodhidharma lasciò
la corte dell'Imperatore e si recò presso il tempio Shaolin,
nella regione di Honan della Cina del Sud, dove si narra abbia
trascorso nove anni di meditazione zazen, rimanendo seduto
immobile di fronte ad un muro, fino al raggiungimento dell'illuminazione.
Per evitare di addormentarsi, la leggenda vuole che si fosse reciso
le palpebre: infatti, in molti ritratti Bodhidharma viene ritratto
in posizione di meditazione con occhi di enormi dimensioni.
Sebbene molti desiderassero divenire suoi discepoli,
Bodhidharma non si curava di rispondere alle loro domande e continuava
ininterrotto la sua meditazione, finchè un giorno un novizio
di nome Eka si tagliò una mano e glie la offrì dicendo:
"Se rifiuti ancora di insegnarmi mi taglierò la testa".
Colpito dalla dedizione del novizio, Bodhidharma si decise a farne
un suo discepolo.
Gli insegnamenti di Bodhidharma non riguardavano
soltanto la filosofia e la dottrina religiosa, ma anche la vita
pratica e la cura della salute. Al suo arrivo in Cina, infatti,
egli rimase colpito dal fatto che i monaci, fisicamente deboli
e inermi, fossero alla mercè dei banditi che invece possedevano
armi. Convinto del fatto che uccidere è sbagliato, ma difendersi
è necessario, egli insegnò loro un metodo di autodifesa
a mani nude, ed un insieme di tecniche (conosciute come le Diciotto
mani di Lo-Han) derivate dallo yoga per rafforzare e tonificare
il corpo. L'allenamento insegnato da Bodhidharma era così
duro che si diceva che i novizi svenissero durante la meditazione
zazen. Sulla base delle conoscenze trasmesse da Bodhidharma,
i monaci del tempio Shaolin divennero un punto di riferimento
leggendario per le arti marziali cinesi, ed in seguito, attraverso
l'isola di Okinawa, per quelle giapponesi.
Incidentalmente, con il termine di Daruma
in Giappone si indica un fantoccio di cartapesta dalla forma arrotondata,
usato come buon auspicio. Il fantoccio rappresenta, in modo molto
stilizzato, la figura di Bodhidharma seduto in meditazione nella
sua tunica rossa, ed è appesantito nella parte inferiore,
in modo da rimanere sempre in piedi (questo rimanere sempre in
piedi rappresenterebbe la tenacia, secondo il detto giapponese
"se cadi sette volte, rialzati otto volte"). Gli occhi
del Daruma non sono disegnati (a ricordare le palpebre tagliate),
ed è consuetudine dipingerne uno quando si esprime un desiderio,
e l'altro quando il desiderio si è avverato.

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